
La Cremonese incappa nella quarta sconfitta di fila: la squadra è ultima e nessuno si prende le responsabilità
Alan Smithee ha diretto diversi film di Hollywood, alcuni anche molto famosi. Il problema è che Alan Smithee non esiste. È uno pseudonimo, usato in diverse produzioni tra gli anni ’70 e gli anni ’90, utilizzato da diversi registi per alcuni film “tagliati” contro il loro volere (l’anagramma del nome è infatti the alias men). L’esempio più eclatante è forse quello di Dune, girato da David Lynch e poi firmato con il famoso pseudonimo.
RECORD NEGATIVI – Per definire disastroso il film di questa stagione della Cremonese tuttavia non sono serviti tagli. L’anno grigiorosso sarà comunque da ricordare, visto che i record negativi si aggiornano ogni volta. L’ultimo (e per questo ringrazio quell’enciclopedia calcistica che è Giuseppe Pastore) riguarda le partite casalinghe: in tutta l’andata, la Cremo non è mai stata in vantaggio allo Zini, nemmeno per un minuto, eguagliando l’Ancona del 2003-2004 (sì, quella di Jardel che all’esordio confonde le curve e va a salutare quella del Perugia).
DI CHI È LA RESPONSABILITÀ? – Il problema è che come per quei film in cui si inventa il nome del regista, alla Cremonese manca un vero colpevole. O almeno qualcuno che faccia da parafulmine, togliendo responsabilità a squadra e allenatore. Perché la società non parla, le scelte sono poco chiare, e Alvini – con tutti i suoi errori e i suoi difetti – è stato finora l’unico a metterci la faccia. Il suo esonero, arrivato nella serata di ieri, è inevitabile ma non risolve certamente i problemi. Non vorremmo comunque essere nei panni di Ballardini, a cui spetterà il difficile compito di dover risollevare una stagione che non è ancora al suo giro di boa.
CREMO SPERIMENTALE – Ma veniamo alla partita, perché ieri si è anche giocato. Alvini ancora una volta sorprende tutti. Lo squalificato Sernicola viene sostituito con Ghiglione, anche perché Baez è appena stato ceduto (con un tempismo non proprio ineccepibile, proprio alla vigilia della partita in cui sarebbe servito). La vera sorpresa è la presenza di Quagliata nell’inedito ruolo di braccetto di sinistra, in un reparto completato da Bianchetti e Ferrari. In mezzo ci sono Pickel e Meité, a sinistra Valeri, davanti il tridente Okereke-Tsadjout-Dessers.
INIZIO SHOCK – La Cremonese ricomincia da dove aveva finito a Verona. L’inizio è tutto di marca monzese. Palladino l’ha studiata bene e il doppio trequartista Ciurria-Caprari semina il panico nella retroguardia grigiorossa. I due trovano sempre il modo di ricevere tra le linee, di girarsi e puntare l’area. I due gol arrivati nei primi venti minuti sembrano la naturale conseguenza della disparità tecnica e tattica vista in campo. Come a Verona, Pickel e Meité sono abbandonati in mezzo al campo, dove devono curare almeno sei uomini perché la fase difensiva di Tsadjout, Okereke e Dessers non è pervenuta.
MINI-REAZIONE – Alvini cerca di raddrizzarla con i cambi: Ciofani entra bene, ma è Castagnetti a cambiare la partita. Il centrocampista, anche grazie a un Monza sazio e forse illuso dopo la passeggiata del primo tempo, prende in mano la squadra e dà quelle geometrie mancate nel primo tempo. La reazione passa come al solito dai piedi dei “vecchi”: Valeri, nonostante i tanti errori, non molla mai e piazza due assist per le reti di Ciofani e Dessers. Peccato che nel frattempo la seconda rete di Caprari abbia indirizzato la partita. Arriva quindi la quarta sconfitta consecutiva, che suona come una condanna alla retrocessione.
DOPO ALVINI – L’esonero di Alvini è stato quindi inevitabile. Se fino alla Juve la squadra sembrava comunque unita e convinta dei propri mezzi, la trasferta di Verona è stata uno spartiacque importante. In Veneto i grigiorossi hanno giocato slegati, con poca convinzione, quasi rassegnati. La partita con il Monza poteva essere l’ultimo appello. Invece che occasione di riscatto, è stata la conferma che la squadra non credeva più nel progetto tecnico.
PALLA ALLA SOCIETÀ – Come detto, serve ora un intervento deciso della società, sotto ogni punto di vista. L’avvicendamento in panchina è un inizio, ma serve di più, molto di più. Innanzitutto dal mercato, soprattutto a centrocampo (visto che le punte, quando vengono servite, segnano pure). Serve inoltre che qualcuno in società si faccia avanti e prenda in mano la situazione, esponendosi e dando alla piazza quello che merita: non risultati, non proclami, ma chiarezza e onestà. La retrocessione non sarà un dramma, ma il modo in cui si retrocede fa tutta la differenza del mondo. La fine dell’avventura Alvini non basta, oggi se ne deve andare anche Alan Smithee.