
Mercoledì 17 giugno ricomincia il campionato di Serie B e l’Italia riavrà il calcio. Noi ne avremmo fatto volentieri a meno
Tra le tante massime di Arrigo Sacchi ce n’è una in particolare che calza a pennello in questo periodo pandemico: «Il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti». Il calcio sta per tornare, ma il suo impatto nella vita cremonese sarà inevitabilmente ridimensionato. Per la passione prego ripassare.
I PIÙ COLPITI – Se in altre piazze della B, specialmente al Sud, l’impatto del COVID-19 è stato minore, con una percezione dell’emergenza altamente sottostimata, a Cremona (l’unica città lombarda ad avere una squadra in cadetteria) il virus ha colpito senza pietà, mandando l’ospedale sull’orlo del collasso. È altissima la percentuale dei cremonesi che hanno avuto parenti o amici affetti dal virus. Anche chi ce l’ha fatta ha vissuto settimane terribili, complici le informazioni diffuse dagli organi di stampa che invece di riportare i fatti hanno contribuito ad innalzare il livello di tensione (per poi esultare dei numeri raggiunti in piena pandemia, una caduta di stile figlia di un tempo senza valori).
E IL CALCIO? – Ecco perché ricominciare a Cremona sarà diverso rispetto ad altre piazze. Perché in questo periodo, in cui il virus ha ristabilito certe priorità fondamentali della vita, il calcio ha perso parecchie posizioni. Esulteremo per un gol e gioiremo per i tre punti, ma sempre con l’amaro retrogusto di chi ha vissuto sulla propria pelle il periodo più buio dal secondo dopoguerra ad oggi. L’Italia sarà anche pronta per tornare alla normalità, Cremona no. Questa lunga tournée estiva ce la saremmo evitata volentieri.