
Sassuolo, Atalanta e Lazio saranno banchi di prova decisivi per Massimiliano Alvini prima della sosta per le Nazionali di settembre
Premessa doverosa: se sei una neopromossa, e hai rivoluzionato la rosa con oltre 20 giocatori nuovi, ci può stare di perdere contro squadre del calibro di Fiorentina, Roma, Torino e Inter (specialmente se 3 partite su 4 sono avvenute fuori casa). E questo vale con più o meno tutte le altre squadre che compongono la Serie A. Quello che interessa la Cremonese – e non può che dare un giudizio (momentaneamente) negativo sull’operato del suo tecnico Massimiliano Alvini – è che, per la legge dei “grandi” numeri, un punto poteva saltare fuori. Anche perché, ragionando con la sopraccitata premessa, allora vuol dire non essere tenuti a fare più punti fino all’8ª giornata, quando i grigiorossi saranno di scena in casa dell’altra neopromossa Lecce (che ha messo in difficoltà l’Inter e pareggiato a Napoli). E non è così. In primo luogo perché nessuno gioca per perdere; secondo, il mercato è stato faraonico (e anche nell’ultimo giorno si attendono botti), segno di una società che non vuole essere di passaggio.
LA DIFESA – Non ci si può nemmeno appellare alla sfortuna: è vero che a Firenze la sconfitta è arrivata allo scadere per una topica di Radu, ma se non fosse stato per lui di certo il risultato non sarebbe stato in bilico fino alla fine. Così come a Roma, dove i giallorossi hanno impegnato il portiere scuola Inter per 10 volte. Non a caso, prima della partita contro i nerazzurri, lo stesso estremo difensore romeno era (e probabilmente anche ora sarà così) il portiere con più parate da inizio stagione, mentre la Cremo la squadra con il maggior numero di occasioni concesse.
L’ATTEGGIAMENTO E LA TATTICA – Sul banco degli imputati non può che esserci finito lo stesso Alvini, reo di adottare uno stile di gioco un po’ troppo spavaldo (anche se di occasioni nitide ne sono state create poche in 4 partite), con un giocatore, Zanimacchia, al quale è stato pubblicamente chiesto di adattarsi e di dover imparare a fare un ruolo che forse mai nessuno (compreso lui stesso) aveva pensato di potergli cucire addosso. A onor del vero, va detto che questo modo di Alvini di intendere il calcio (legittimo e ammirevole, ma che forse non si confà a una realtà come la nostra) gli ha fatto arrivare parecchi complimenti, sia dalla stampa sia dagli addetti ai lavori come Mourinho e Juric. Si sa, però, che le pacche sulle spalle è più facile darle dopo aver vinto, come un dottore che regala caramelle ai bambini dopo la puntura. Ma le chiacchiere le porta via il vento, mentre quello che restano sono i punti e le salvezze, nel nostro caso.