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Pesce a CGR: «Cremo, io sarei rimasto. Però…»
Pesce a CGR: «Cremo, io sarei rimasto. Però…»

Intervista esclusiva a CuoreGrigiorosso per Simone Pesce: «È sempre un piacere parlare della mia esperienza a Cremona. Peccato per l’addio, c’era un progetto da terminare».

Dopo una prima puntata scoppiettante con Vittorio Parigini, è stato ospite della nostra trasmissione GrigiorossOnAir uno degli ex più amati dal popolo grigiorosso: Simone Pesce, protagonista nell’anno della promozione e in quello del ritorno in Serie B. «Sono contento che mi abbiate chiamato, non me l’aspettavo – ha detto il centrocampista della Feralpisalò ai nostri microfoni nella diretta Instagram con il caporedattore Andrea Ferrari – così presto, come secondo ospite. Ricordo sempre con piacere e onore gli anni alla Cremo». Una chiacchierata durata poco più di mezz’ora e che ha visto Pesce raccontare aneddoti curiosi e ricordi piacevoli sulla sua lunga carriera tra Cremona, Catania, Novara e tante altre. Ringraziando ancora Simone, il suo entourage e la Feralpisalò per la disponibilità, ecco l’intervista integrale.


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CORONAVIRUS – Come altri suoi colleghi Pesce sta cercando di tenersi in forma da casa: «In questo brutto momento cerco di allenarmi in casa con alcuni compagni in diretta video, un po’ come tutte le altre società. Non ho un terrazzo quindi mi arrangio». Sulle attività extra: «Qualcosa si mangia, ho pure provato a fare qualche dolce ma non mi sono venuti bene, lascio la cucina a mia moglie. Mi sono tagliato i capelli, era tanto tempo che non li portavo così corti». Il momento non è dei più facili e come ha avuto modo di parlarne in precedenza è come una guerra: «Ho avuto dei nonni veneti che hanno vissuto la guerra. Ovviamente non è come la guerra di allora perché proprio non si mangiava. Mio nonno diceva che la polenta era sacra: la mangiavano a colazione, a pranzo e a cena. Però per come eravamo abituati questo è un momento molto difficile. I più fortunati hanno internet e Sky e il tempo passa un po’ di più ma è una cosa anormale a cui non eravamo abituati».

ARRIVO ALLA CREMO – L’avventura di Pesce non inizia con l’anno della promozione ma sei mesi prima, nel mercato invernale. «Già allora sentivo di essere arrivato in una società importante. Quando sono arrivato a Cremona ho parlato con la proprietà, il progetto era quello di provare a fare una squadra per vincere l’anno successivo. Ho accettato sei mesi prima perché la Cremo mi ha voluto tanto, anche se ci ho messo quasi due settimane per decidere. Ero a Novara da 5 anni e stavo bene, la chiamata della Cremo è stata un fulmine a ciel sereno. Mi hanno voluto talmente tanto che questa voglia è stata decisiva, per fortuna perché è stata una bellissima avventura. Per me è sempre un piacere e un onore ricordare gli anni in grigiorosso».

 

TESSER – In estate poi arriva Tesser, allenatore che Pesce conosce bene. «Io l’ho conosciuto ad Ascoli e l’ho ritrovato a Novara. Non dovevo rimanere ma dopo il ritiro sono rimasto e ho fatto 27 partite. Ci siamo ritrovati poi ancora a Cremona. Lui è uno che fa stare tutti bene, crea una grande amalgama, è un allenatore esperto che fa lavorare bene e che ha vinto, cosa che non guasta mai. Credo che la sua qualità principale sia quella di far sentire tutti importanti».

LA FORZA DI QUELLA CREMO – Dove sta il segreto di quella Cremo, riuscita in una storica rimonta? «La grande fortuna di quel gruppo è stato che tutti i giocatori presi si conoscevano già l’un l’altro, io avevo già giocato con tantissimi di loro. L’amalgama si è creata subito, tra di noi c’era una competizione sana e ci si allenava sempre al massimo. Eravamo un gruppo unito, sano, in cui ci si prendeva in giro ma ci si diceva anche le cose in faccia, a volte arrivando anche a scontri costruttivi. Se oltre alle vittorie sul campo aggiungi  il fatto che stavamo bene insieme e ogni giovedì andavamo a cena capisci tutto. Non era un sacrificio, stavamo proprio bene insieme, non vedevamo l’ora di uscire insieme».

CREMO-RACING – Una partita incredibile, quella del 6 maggio 2017, e una vigilia particolare, con gli avversari che minacciavano di non presentarsi: «Sinceramente non pensavamo mai che la Racing non si sarebbe presentata. È stata una settimana lunga, c’era grande tensione perché sapevamo il traguardo che ci stavamo giocando. In una partita normale ci sarebbero stati tre-quattro gol di scarto, senza offendere nessuno, però le emozioni hanno giocato un brutto scherzo». Un piccolo retroscena, dopo il vantaggio su rigore della Racing Roma e la promozione che rischia di svanire sul più bello Pesce pensava di smettere: «Sul 2-1 ho incrociato Perrulli e gli ho detto “io smetto”, stavamo quasi per piangere. La testa in quel momento non era molto connessa, fortunatamente Scappini ha fatto gol subito da corner dello stesso Perrulli e siamo tornati in partita».

 

 

 

 

 

IL RITORNO IN B – Il ritorno in serie cadetta è stato caratterizzato da un grande avvio. «In estate era stato fatto un mercato intelligente, aggiungendo i giocatori giusti a un squadra ben amalgamata e confermando il blocco della promozione. Dopo la vittoria contro il Parma eravamo terzi in classifica». Da febbraio invece la crisi nera. Quali i motivi? «Secondo me l’infortunio di Paulinho ha pesato moltissimo, anche perché non è stato sostituito sul mercato. Oltre a lui abbiamo avuto altri infortuni nel reparto avanzato, anche il modulo (4-3-1-2) di Tesser è stato oggetto di discussione nello spogliatoio. 18 partite senza vincere sono tante». Senza l’esonero di Tesser come sarebbe terminata la stagione? «Non potremo mai saperlo come sarebbe finita. È vero che bastava una vittoria, ma erano 18 partite che la aspettavamo. Ognuno ha la sua risposta, io posso dire è che in quel momento andare al campo ad allenarsi con lucidità era difficile perché senza vittorie la classifica si accorciava sempre di più. Puoi avere tutta l’esperienza che vuoi ma la palla pesa in quei momenti. Queste situazioni a volte si risolvono con una giocata o con qualcuno che dà la scossa. Io penso che se quell’annata fosse finita diversamente, magari con una salvezza tranquilla senza infortuni, facendo qualche acquisto giusto in estate l’anno dopo avremmo potuto dire la nostra per i quartieri alti».

UN ADDIO CON L’AMARO IN BOCCA – Veniamo al momento dell’addio. Di chi è stata la scelta? «Io sarei rimasto, avevo un altro anno di contratto ma c’era un allenatore nuovo con le sue idee. Non mi sarei aspettato di andare via, però allenatore e direttore (con cui tra l’altro ho giocato) hanno deciso così. La riconoscenza nel calcio purtroppo non esiste, sono state fatte altre scelte. Io ho detto al ds (Rinaudo, ndr) che non condividevo le sue idee. Ma al di là di questo a me è dispiaciuto che non mi sia stato detto in faccia che non facevo più parte del progetto, l’ho saputo per vie traverse. Sono andato a Salò perché c’era un allenatore che mi conosceva, io però sarei rimasto perché c’era un lavoro da finire».

 

RICORDI BELLI – Quali i momenti migliori della carriera? «L’esordio in Serie A non te lo scordi, a Bergamo con l’Ascoli. Il gol nemmeno, un pallonetto nel derby Catania-Palermo finito 4-0. Ricordo con piacere anche la stagione in A col Novara nonostante la retrocessione». Sul Papu Gomez e Simeone, compagno e allenatore di Pesce proprio in quel Catania: «Simeone si vedeva che aveva tutto per fare l’allenatore. Un condottiero, uno per il quale il grippo si sarebbe lanciato nel fuoco. Un uomo vero che ti diceva le cose in faccia, molto preparato e con un grande staff. Il Papu faceva già allora la differenza e aveva numeri, ma non mi aspettavo diventasse così forte. In quel Catania però c’era un altro giocatore che per me era fortissimo, Barrientos».

COL MONDO – Nella sua lunga carriera Pesce ha avuto anche l’occasione di essere allenato da uno dei simboli della Cremo, Emiliano Mondonico: «Aveva una personalità incredibile, a volte la usava per spronarti anche prendendoti un po’ in giro chiamandoti con un nome diverso. Lavorava tantissimo con la psicologia, in quel mese e mezzo a Novara ha fatto grandi cose. Leggeva benissimo le partite, azzeccava sempre i cambi. Ha iniziato lui a farmi giocare con continuità da mediano. È un uomo di grandissimo spessore che nel mondo del calcio ha fatto la differenza».

RUOLI – Pesce infatti ha ricoperto molti ruoli in carriera: a Cremona l’abbiamo visto play e mezzala: «Nella mia carriera ho fatto più ruoli, forse è anche per questo che ho sempre giocato molto. Ho iniziato da terzino poi con Giampaolo ho fatto la mezzala. Da Novara in poi ho alternato mezzala e play a seconda di quello che serviva. Con Aglietti da mezzala nel 4-3-3 ho avuto il mio anno più prolifico con 6 gol. Il ruolo dove gioco adesso nella Feralpisalò lo sento mio, mi piace stare al centro del gioco».

 

ORA ALLA FERALPI – Come mai la scelta della Feralpisalò dopo Cremona? «È la squadra che mi ha cercato di più, il mister mi aveva già avuto e mi ha parlato del progetto di provare a vincere. La squadra è stata attrezzata, l’anno scorso siamo arrivati in semifinale con un girone di ritorno molto importante con 7 vittorie di fila e 37 punti. Mi hanno proposto due anni di contratto, è stata una scelta importante, vedremo come e se finiremo quest’annata». Feralpisalò che tra l’altro è stata protagonista di un’iniziativa importante: i giocatori hanno donato una parte dello stipendio per aiutare le aziende ospedaliere di Brescia. «Questo l’abbiamo fatto circa un mese fa, il nostro presidente Pasini è presente nell’industria bresciana, quando c’è stata questa problematica ci ha chiesto questa cosa ed è stato un gesto che è venuto da solo, non ci abbiamo pensato un secondo, speriamo sia stato utile. Abbiamo fatto donazioni anche lì a Cremona come squadra. La nostra categoria d’altronde non si è mai tirata indietro, conosco molti compagni che fanno beneficenza in silenzio. Colgo l’occasione per salutare Romano (Perticone, ndr) che con una bellissima iniziativa ha raccolto fondi per Melzo, il suo paese».

DOPO IL CALCIO – In estate Pesce compirà 38 anni. Progetti futuri? «Fino a un mese e mezzo fa non ci pensavo perché sto bene, l’anno scorso ho giocato 40 partite da 90 minuti, quest’anno 20. Con questa situazione bisognerà vedere, cambieranno tante cose, vediamo come e se finiamo sta stagione e poi ci penserò. Il mio obiettivo era quello di poter giocare ancora un anno, anche se sono in scadenza. Dubito di poter fare subito il ds o l’allenatore, io credo nel lavoro e nello studio, bisogna essere preparati per fare certi lavori. D’altronde come calciatore ho fatto tutta la gavetta dalle serie minori».

ASCOLI – Un tuffo nel passato: Ascoli è stata la città in cui Pesce è entrato in contatto con il grande calcio. «Ascoli mi ha dato la possibilità di capire che stavo diventando calciatore, che potevo fare la professione ad alti livelli. Ho un ottimo ricordo della piazza e del calore dei tifosi, sono stato fortunato a entrare nel calcio a partire da una piazza così importante». Il calciatore più forte con cui hai giocato? «Ce ne sono tanti, davvero tanti. Barrientos, come già detto, ma ho giocato anche con Pagliuca. Paulinho per me era fortissimo. Ho giocato anche con un giovanissimo Bruno Fernandes». Nessun dubbio sul gol più bello: «Dico per forza quello in Serie A in pallonetto nel derby Catania-Palermo. Ce ne sono stati altri che mi hanno dato sensazioni importanti: un gol in rovesciata a Novara, il gol contro il Venezia con la Cremo, la rete in semifinale playoff l’anno scorso a Catanzaro con la Feralpi».


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Nicola Guarneri

Direttore Responsabile

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