
Sessant’anni dopo il Gattopardo, spunti e riflessioni per la nuova stagione della Cremo: il cambiamento deve essere interiore, Mandorlini ha tempo per lavorarci
Inizia con un pareggio la nuova avventura in Serie B della Cremo targata Mandorlini: contro il Pescara in uno Zini gremito finisce 1-1 dopo le reti di Castrovilli e Mancuso. Ma facciamo un passo indietro e andiamo in ordine.
Tutto cambia. Claiton, Croce, Arini. Sono loro i superstiti, dodici mesi dopo l’agognato ritorno della Cremonese in Serie B. Sono passati esattamente 365 giorni da quella trasferta di Parma, terminata con l’amaro rigore di Calaiò e l’occasione di Mokulu a tempo scaduto, e solo i tre sopraccitati ritrovano la maglia da titolare. D’altronde contro il Pescara mister Mandorlini schiera sette nuovi acquisti. Il quarto “reduce” è Castrovilli, l’hombre del partido, che a Parma era rimasto in panchina a guardare prima Maiorino e poi Perrulli danzare sulla trequarti.
Nulla cambia. In un anno è cambiato tutto alla Cremonese. I giocatori, il mister, il direttore sportivo, il direttore generale, il presidente, addirittura anche lo staff sanitario. Eppure nel secondo tempo è parso di rivedere la Cremo dell’ultimo Tesser, una squadra con la paura di vincere, che agguantato il vantaggio si è rintanata nella propria area.
Primo tempo in controllo. La partita non era iniziata nemmeno male. Il Pescara di Pillon, che si schiera a specchio con un 4-3-3, denota evidenti problemi tecnici, soprattutto davanti: Marras, Cocco e Antonucci non la vedono mai. Se per demeriti propri o per merito della difesa grigiorossa, si vedrà: quel che è certo è che la Cremo ha un pacchetto arretrato di tutto rispetto. Terranova e Claiton portano muscoli e cattiveria, con l’ex Frosinone che si cala già nel ruolo di leader, proponendosi senza paura per far partire l’azione. Mogos e Migliore ai lati aggiungono altri muscoli e solidità, oltre a una buona tecnica per provare a giocare dal basso.
Mossa ok. Le critiche per Mandorlini arriveranno (spoiler: anche in questo pezzo) ma va dato al mister ciò che è del mister: contro un avversario ostico che ricorre sistematicamente al fallo per bloccare le ripartenze è stata una sua intuizione a sbloccare la gara. Inverte la posizione di Carretta e Castrovilli e dopo due minuti la coppia trova la giocata vincente. Perrotta paga dazio contro Carretta che sull’out sinistro scappa via veloce, arriva sul fondo e mette in mezzo per Castrovilli, che dopo 40 metri di corsa insacca per il vantaggio.
Alibi. La Cremo chiude il primo tempo sull’1-0 nonostante l’infortunio di Montalto, uscito dal campo con una distorsione alla caviglia una manciata di minuti prima del gol. Un vero peccato perché il bomber ex-Ternana era sembrato molto più brillante rispetto alle precedenti uscite. I piani di Mandorlini si complicano ancora di più quando Greco si fa ingenuamente espellere per una gomitata gratuita a Marras, anch’egli espulso. Un gesto incomprensibile per tempistiche e contesto: fino a quel momento l’ex Bari e Roma era stato tra i migliori, deliziando lo Zini tocchi di suola in mezzo a nugoli di avversari.
E poi è iniziato a piovere (cit.). Nonostante la parità numerica non cambi il Pescara trova coraggio. I delfini sguazzano nell’acqua dello Zini mentre la Cremo tira i remi in barca. Mandorlini rinuncia a Carretta prima e a Castrovilli poi, inserendo Castagnetti e Kresic a difesa dell’esiguo vantaggio. Invece di puntare sulla qualità – possesso palla e contropiede – la Cremo rinuncia alle ripartenze sugli esterni chiudendosi in un 4-3-1-1 (poi 5-3-1) che intasa gli spazi centrali e rinuncia a predominare le corsie laterali. Il gol arriva come una beffa in pieno recupero, con un cross velleitario che Radunovic legge male, uscendo a vuoto. Migliore (fin lì quasi perfetto) si traveste da Renzetti e perde il duello aereo con Mancuso che di testa trova il gol per l’1-1 finale.
Sessant’anni. Il prossimo 11 novembre saranno sessant’anni dall’uscita del Gattopardo di Tomasi da Lampedusa. Uno dei più grandi romanzi italiani di sempre, che come succede ai grandi capolavori non sente il passare del tempo. Anzi, il ticchettio delle lancette non fa altro che nobilitarne il messaggio: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi» dice Tancredi. Il messaggio che Tomasi vuole mandare al lettore è che non serve a nulla cambiare esteriormente: se il cambiamento non avviene dentro di noi, nulla cambierà. Risulta quasi offensivo traslare questo nobile principio ad un’area semantica di bassa lega come quella sportiva (ci sarebbero innumerevoli spunti politici, ma non è questa la sede) ma attingiamo lo stesso avidi di consigli. Su questo cambiamento interiore devono lavorare la Cremo e Mandorlini: non bastano i giocatori, è la mentalità che deve cambiare affinché si possa fare il definitivo salto di qualità.