La Cremo torna da Livorno con tre punti fondamentali in chiave salvezza. Occhio però a non sottovalutare i segnali lanciati dal campo
«Esitare va bene, se poi fai quello che devi fare». Quando Bertolt Brecht pensò questa massima era probabilmente appena tornato da un viaggio nel futuro in cui aveva assistito a Livorno-Cremonese. I grigiorossi esitano a lungo, poi all’ultimo minuto fanno quello che devono fare, portando a casa tre punti fondamentali. Quando si raggiunge l’obiettivo però si tende a dimenticare il percorso fatto, ricordando gli aspetti positivi e mettendo da parte gli errori. I tre punti sono arrivati ma la Cremo non può fare l’errore di sottovalutare i segnali mandati dal campo. La strada per la salvezza è ancora lunghissima.
Non era facile. Partiamo da un presupposto che forse chi non ha giocato a calcio può non sapere: nessuno va in campo per perdere, nemmeno chi – come il Livorno – è già retrocesso da mesi. A nessuno piace perdere, figuratevi a chi con il calcio ci campa e magari utilizza questi mesi per mettersi in mostra e spuntare un contratto migliore per la prossima stagione. Queste partite sono le più insidiose perché quando tutti si aspettano che tu vinca hai tutto da perdere. I tre punti di ieri sera non vanno assolutamente dati per scontati.
Il giusto approccio. Bisoli ha schierato una Cremo che ha affrontato gli avversari con il “ghigno giusto” (per dirla alla Spalletti). Il merito più grande del primo tempo grigiorosso è stato quello di non cedere alla frenesia, alla ricerca disperata del gol. Anzi, in alcuni momenti è stato il Livorno a tenere in mano le redini del match, mentre gli uomini di Bisoli si rintanavano dietro la linea del pallone in attesa del momento giusto per sbloccare una partita che si annunciava chiusa.
La giocata. Come spesso accade sono i singoli a sbloccare questo tipo di partite. Nel primo gol della Cremo ci sono ben due giocate che alzano il livello e permettono ai grigiorossi di andare in vantaggio. Il cross di Castagnetti è un gesto dal tasso tecnico elevatissimo, perché il buon Michele – che finché ha avuto energie è stato tra i migliori – è riuscito a mettere in mezzo un pallone di prima intenzione dando forza al cross senza far alzare la traiettoria. A Ciofani – bravo soprattutto nel movimento in anticipo sul primo palo, da attaccante navigato – è bastato concentrarsi sull’angolazione del tiro perché quella era una palla a cui non serviva dare ulteriore spinta.
La controgiocata. È bastato un errore per cancellare i buoni propositi: la dormita di Mogos ha punito la Cremo oltre i propri demeriti visto che il Livorno è andato in gol al primo e unico tiro visto dalle parti di Ravaglia. Soprattutto, la rete di Coppola ha fatto saltare tutti i piani: i grigiorossi, che tanto avevano cercato di attaccare in maniera razionale senza gettare in avanti palloni alla rinfusa hanno perso la calma e hanno iniziato ad attaccare in maniera confusionaria. Con il Livorno chiuso nella propria area e una manovra qualitativamente insufficiente (soprattutto dopo l’uscita di Castagnetti) la Cremo si è aggrappata ancora una volta ai singoli. Solo una prodezza di Valzania ha permesso agli uomini di Bisoli di fare quello che dovevano fare.
Errori. Tre indizi probabilmente fanno una prova. Se è sotto gli occhi di tutti il lavoro che Bisoli sta facendo a livello mentale e motivazionale, allo stesso tempo vanno sottolineati i limiti di un allenatore che a volte fatica a leggere con lucidità le situazioni a partita in corso. Dopo il pareggio il mister ha – giustamente – cercato di portare qualità sulle fasce in modo da allargare le maglie della difesa amaranto e di portare i giocatori ad affrontare situazioni di uno contro uno. Queste però sono situazioni diverse rispetto a quelle provate in allenamento o a inizio gara: ecco che quindi Parigini e Piccolo andavano messi in condizione di crossare con il loro piede, seppur il loro habitat naturale fosse la fascia opposta. Parigini, entrato con grande voglia, ha messo in mezzo tantissimi palloni ma nessuno di questi si è rivelato pericoloso perché quando l’area è gremita serve il massimo della precisione, quella che solo il tuo piede naturale può darti. Stesso discorso per Piccolo, al rientro dopo un lungo stop: la condizione non può essere quella dei giorni migliori e giocando sulla sinistra avrebbe risparmiato energie, cercando il fondo invece di affrontare più dribbling per rientrare sul mancino.
L’undicesimo uomo. Diverso il discorso-Zortea: il terzino in pochi minuti ha dato sprint sulla sinistra, ma come spiegato da Bisoli era stato escluso dall’undici titolare a causa di un affaticamento. Mentre sulle ali la situazione rientra nella norma grazie al ritorno di Piccolo, i problemi maggiori – oltre ai terzini – riguardano il centrocampo dove, a seconda delle partite, tutti hanno fallito nel ruolo di mezzala sinistra. Gustafson, alla terza gara da titolare, ha evidenziato ancora una volta i suoi limiti intrinseci: non ha il passo per svolgere entrambe le fasi come chiede il mister. Lunedì ci sarà sicuramente l’opportunità di vedere all’opera altri giocatori. Con Deli ancora ai box l’uomo migliore per quel ruolo sembra essere Kingsley, visto che il mister considera Arini il vice-Castagnetti. A meno che – finalmente – non tocchi a Gaetano: il giocatore del Napoli ha dimostrato anche contro il Livorno di essere allergico alle fasce, deve giocare in mezzo al campo toccando più palloni possibili.